Vi proponiamo la storia del Panettone e dei Dolci natalizi, scritta da un nostro cliente e collaboratore, per chi ha voglia di approfondire…
I DOLCI NATALIZI
E la loro storia
Non ci è dato sapere in quale giorno, esattamente, sia nato il Bambino Gesù, ma l’istituzione della festività al 25 dicembre, cioè ad una scadenza fissa e ripetibile, avvenne intorno all’anno 350 d.C. per volere del papa Giulio I e su insistenza del vescovo Cirillo. Pare che la nuova festa cristiana, si facesse coincidere con una precedente festività pagana dedicata al dio sole: all’astro, cioè, che era considerato la vera fonte di luce. Dal dio sole a Gesù (il “vero sole”), il passo fu breve, come lo simboleggiò Giovanni, nel Nuovo Testamento che dice “…in Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini”. Da allora, fino al 1200 ed oltre, epoca in cui San Francesco ha l’idea di realizzare il Presepe di Greccio, una schiera di personaggi benefici, da Santa Lucia a San Nicola, da Babbo Natale ai tre Re Magi, la Befana e tanti altri, precedevano o seguivano la venuta del Bambino Gesù al 25 dicembre. Per la regola del “consumismo”, anche gli Stati marxisti, notoriamente atei, non hanno saputo rinunciare ad un personaggio suggestivo e natalizio: il Babbo Natale dell’Est… il “Nonno Gelo”; anch’esso vestito di rosso come gli spiritelli buoni che sono portatori di doni ai bimbi ed alle persone amate. Il rosso è il colore della gioia, dell’amore e per i cristiani anche della Carità.
In questi giorni dei doni, la gioia si trasforma anche in determinate preparazioni gastronomiche, appunto i “dolci natalizi”.
Ogni zona della nostra Italia ha tradizioni e dolci particolari, sono numerosissimi e noi ne elencheremo alcuni tra i più conosciuti.
Contrariamente a quanto si crede, il “torrone”, così come viene preparato oggi, nasce in Piemonte a Novi Ligure nel 1914. Però una leggenda narra che a Cremona, durante la festa di nozze tra Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti “anno 1441”, fu servito un dolce speciale a base di mandorle, miele e chiara d’uovo, foggiato a somiglianza della magnifica ed alta torre che dominava la città, per i cremonesi il “torrazzo” o “torrione” da cui appunto deriverebbe il nome “torrone”. Nei paesi cristiani, il torrone fa parte della tradizione natalizia; nei paesi musulmani invece, è di rito mangiarlo per la festa della natività di Maometto.
Il torrone, quindi, è sempre stato un dolce da grandi occasioni, forse anche per l’alto costo delle materie prime usate per confezionarlo. Ad importare il torrone in Europa furono gli Arabi; il nome però potrebbe derivare dallo spagnolo “turrar”, tostare, dal procedimento cui sono sottoposte le mandorle prima di essere amalgamate a caldo con il miele e gli altri ingredienti.
In Italia non c’è regione che non abbia il suo torrone: in provincia di Verona, la supremazia appartiene a quello denominato “di Colonia Veneta”. Molto più morbido è invece quello di Benevento, arricchito con frutta secca e prodotto ancora oggi secondo una complessa ricetta di un secolo fa, quando era conosciuto con il nome “copeta” (dal latino “cupedia”, dolce dei poveri). Il torrone Aquilano è invece al cioccolato, morbidissimo. Nella Sicilia orientale si prepara con i semi di sesamo prendendo il nome di “giuggiulena” (dall’arabo “giulgiulan”), forma dialettale della parola sesamo. Nella Sicilia occidentale è detto, invece “cubbaita”, dall’arabo “qubbiat”.
Parliamo ora del “Panettone” che è il dolce di Natale più amato da tutti gli italiani.
Intorno alla sua origine si intrecciano varie leggende. La più romantica nasce da una storia d’amore. Verso il 1490, all’epoca di Ludovico il Moro, c’era a Milano un fornaio di nome Toni; questi aveva una figlia bellissima, di nome Adalgisa. Di lei si innamorò un nobile giovanotto, tale Ughetto della Tela ,che per conquistare Adalgisa, ideò un dolce nuovo a base di farina, burro, uova, canditi, miele e lievito. Questo dolce fu trovato meraviglioso dal popolo e per la sua dimensione e formato tipico di una pagnotta, fu chiamato “panettone”.
Un’altra leggenda narra invece che il pane fatto da Toni per errore, piacque tanto ed ebbe molto successo, e la gente arrivava da ogni parte per poter gustare il “pan di Toni”, da qui il nome “Panettone”.
Il “Pandoro” dolce natalizio anch’esso importante, inizialmente ebbe la sua diffusione in Veneto e poi in tutta Italia, dove in alcuni casi viene preferito al panettone perché più soffice e delicato, oltre che per la mancanza di alcuni ingredienti quali i canditi ed l’uvetta sultanina.
È un dolce che nasce circa 150 anni fà ed il suo nome deriva dall’arte antica della panificazione: era considerato il dolce “regale” delle grandi occasioni.
Altri dolci natalizi regionali sono:
A Genova si sforna il “pan dolce” che ancora conserva il sapore di una volta: nasce durante la Repubblica Genovese agevolati dal commercio florido delle spezie, l’uvetta di Smirne, pinoli, agrumi canditi ecc.
In Friuli la “gubana”nasce per la Pasqua, ma ormai è diventato un classico anche a Natale.
In Alto Adige è tradizionale proporre lo “zelten”, un dolce da festa a base di pasta di segale, fichi secchi, noci, pinoli ed uvetta.
Altri dolci natalizi, non meno interessanti, li troviamo in Lombardia con il “pan de mei”, con la “sbrisolona”, Tipica della Bassa Padana, e a Sondrio con la “bisciola”, (tipico pane dolce valtellinese), una pagnottella arricchita con fichi secchi, noci, burro, uova e in alcune ricette anche miele. Ha un contenuto calorico elevato e durante le feste prende spesso il posto occupato in altre zone d’Italia dal panettone. Esiste una versione anche più povera ed economica della bisciola,
“i basin de sundri”, che nascono in Valtellina nel ‘800 come versione economica della bisciola, hanno forma e peso ridotti (grandi quanto un odierno panino mignon, venduti come biscotti secchi da pasticceria).
Nel Veneto, un dolce che conserva le sue caratteristiche sin dalla Repubblica Veneta del Rinascimento è la “nadalina”, progenitrice del pandoro.
In Romagna nobilissimo, fastoso e rinascimentale è il “pan speziale”, bolognese, detto anche “certosino” per la provenienza dal ricettario dei monaci della locale Certosa, in collaborazione con gli “speziali”, coloro che sovrintendevano alle droghe.
A Ferrara nacque il “pan pepato”, abbondante di spezie, secondo la moda del tempo.
Pan pepato lo stesso si ritrova anche in Umbria e nel Lazio.
In Piemonte il pan pepato è particolare per la presenza pungente del pepe e del mosto d’uva.
Nella Toscana del Medioevo, addirittura dal 1200, pare già esistesse un “pane mielato”, poi divenuto “pan pepato” per la “scoperta” del pepe nero e delle spezie; fu così intenso di gusto da essere definito “panforte senese” che oltre la compattezza e la raffinatezza, il suo vantaggio era che si poteva conservare facilmente nel tempo.
La “spongata” è vanto e gloria di Reggio Emilia, ma sin dal secolo XV esisteva una lotta tra vari paesi per definire a chi spettava l’originalità della ricetta.
In Abruzzo, un dolce con la parvenza di un semplice pane dolce, cioè “pan rozzo”, nasce una specialità: il “parrozzo”.
In Umbria per festeggiare il Natale, oltre al pan pepato si preparano le “pinoccate”, delizie di soli pinoli e zucchero.
I “mustazzoli” si incontrano dall’Abruzzo a tutto il Meridione.
In campania non poteva mancare l’inventiva napoletana per il Natale che si esalta negli “struffoli”che sono una piramide di palline di pasta, legate con zucchero, miele e vari altri ingredienti. I “rococò”, piccole ciambelle arricchite di mandorle, nocciole e canditi di cedro più spezie e cannella, essi sono il classico fine pranzo natalizio napoletano.
Ma Napoli non si esaurisce quì, si continua con la “pasta reale”, i “raffioli”, i “susamielli” e finalmente il “croccante”.
Nella Puglia, la “pizza natalizia” è simbolo della festività, ma il dolce più tradizionale sono le “carteddate”, striscette dentellate di pasta, vino bianco, olio e sale, lunghe una decina di centimetri arrotolate su se stesse e fritte prima di essere bagnate con il miele.
In Calabria abbiamo i “crustoli”.
In Sicilia la pasticceria presenta per le feste i “nucatoli”, i “ramuzzi” e i “petrafemmina”, concentrato di miele e scorze di cedro e limone, fortemente indurito.
Infine, la Sardegna ci regala un dolce per il cenone della vigilia, durante il quale non si deve avanzare niente, pena l’apparizione di una vecchia strega; sono di regola le “sebadas”, focaccine dolci ripiene di pecorino fresco, fritte e poi cosparse di miele amaro di corbezzolo, ossia “ranzigu”.
Come potete dunque vedere la nostra grande Italia è piena di dolci natalizi di vario genere, da poter soddisfare i palati più esigenti; ma il classico, il più affascinante, il mitico a mio modesto parere, rimane sempre “ IL PANETTONE”.